Una sinistra
senza visione autonoma combatte con i piedi nelle sabbie mobili
Andrea Ventura
Andrea Ventura
Grande folla al Quirino di Roma per la nascita del nuovo
soggetto politico di sinistra; molti i temi sollevati, folto il pubblico, manca
però qualcosa. Anzitutto i temi, pochi se non assenti i riferimenti ai diritti
civili e alla laicità dello stato.
A guardar meglio questa mancanza potrebbe non
essere casuale. Essa, purtroppo, indica qualcosa di molto più profondo: perché questo
vuoto è colmato da un’ingombrante presenza. Infatti, da parte di alcuni leader di
primo piano della nuova formazione - anche Fassina - come anche nell’enunciazione
dei suoi valori fondativi, s’intende far riferimento alla dottrina sociale
della chiesa cattolica e alla recente enciclica Laudato Sì di papa Francesco. E qui, leggendola, troviamo tutte le
ragioni della mancanza sopra osservata.
Vediamo: qual è, secondo papa Francesco, l’origine
ultima della crisi che investe le nostre società? “La violenza che c’è nel
cuore umano ferito dal peccato” [§ 2]; e più oltre: “L’idea che non
esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà
umana non ha limiti” [§ 6], cioè si rifiutano le verità divine di cui la chiesa
sarebbe portatrice. Già, perché le due proposizioni sono connesse: se la
violenza, per natura, è dentro ciascuno di noi, la libertà è pericolosa; è necessario
dunque che l’individuo sia posto sotto il controllo dell’autorità politica sul
piano dei comportamenti pratici, e della chiesa sul piano del pensiero. È qui
riproposto un tema da sempre presente nella dottrina cattolica; esso fonda le ragioni
ultime di quel fatto - troppo spesso dimenticato - per il quale la chiesa di
Roma si è sempre schierata contro l’affermazione delle moderne libertà civili e
politiche, fino a trovarsi accanto ai peggiori regimi: dal fascismo di Franco e
Mussolini alle dittature dell’America Latina. La critica del papa
all’individualismo è tutta qui.
Riprendiamo qualche altro passaggio dell’enciclica.
“La crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e
solidale” [§
50]: dunque niente informazione sulla sessualità, né diffusione dei
metodi anticoncezionali. “Quando non si riconosce nella realtà stessa
l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità (…)
difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa” [§ 117]
e poco oltre: “dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile
la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto” [§ 120].
Questi passi dovrebbero essere sufficienti a
indicare l’abisso che separa il papa da tutte le battaglie della sinistra sui
temi della sessualità, dell’aborto e della ricerca scientifica. La questione,
lo ripete più volte l’enciclica, è antropologica, e l’antropologia della chiesa
colloca sullo stesso piano un ammasso informe di cellule e un essere umano. Che
cosa ha a che fare con noi tutto questo?
Si dirà: sono presenti nell’enciclica papale pagine
assolutamente condivisibili sull’ecologia. Perché allora non usarla per rafforzare
le nostre ragioni? Anzitutto, per l’azione politica è necessario un soggetto politico,
ma un soggetto privo di una visione autonoma del mondo è condannato a combattere
con i piedi nelle sabbie mobili. In secondo luogo, non basta denunciare ciò che
tutti sanno, cioè che le nostre economie sono incompatibili con gli equilibri
ambientali. Ormai anche Goldman Sachs ha capito che la questione della
sostenibilità è centrale e, fiutato l’affare, si prepara a investire somme
ingenti nella green economy. Allora
perché, accanto al papa, nei valori di riferimento della “Sinistra italiana”
non inseriamo anche lo statuto di Goldman Sachs?