Quando i poteri forti bocciano le idee di Keynes
Una moneta mal costruita, come è oggi l'euro, mette in crisi sistemi
economici e benessere dei popoli. L'economista britannico l'aveva
capito e propose un sistema basato sulla compensazione.
di Andrea Ventura
Henry
Ford una volta affermò che se la gente capisse la natura del nostro
sistema finanziario e creditizio scoppierebbe una rivoluzione domani
mattina. In effetti, uno dei principali meccanismi di controllo della
società e dei sistemi economici risiede nella generazione della
moneta. Da tempo, infatti, la moneta ha perso ogni valore intrinseco:
è solo carta, anzi la stessa carta è ormai sostituita da
informazioni sui debiti e crediti trasmessi tramite computer. Essa
viene generata nel momento in cui un ente o un’istituzioni effettua
una richiesta di credito. Se ad esempio un governo ha bisogno di
finanziare una spesa, potrebbe stampare un titolo del debito
pubblico, venderlo alla Banca centrale e ottenere danaro per coprire
il debito stesso. La moneta nasce dunque da uno scambio di carta (il
titolo) con carta (la moneta), a cui segue la spesa governativa. Se
un’impresa industriale o una famiglia ha bisogno di un prestito per
un’investimento, o per acquistare una casa, cede alla banca una
garanzia – eventualmente sull’immobile stesso – e la banca
attiva sul suo conto una certa somma che può essere spesa per
l’investimento in questione. La banca può anche girare questa o
altre garanzie alla Banca centrale e ottenere del contante per la
propria clientela. Il sistema finanziario nel suo complesso pertanto
non ha limiti materiali nell’ammontare delle proprie operazioni. Il
vincolo, infatti, è costituito solo dall’opportunità di concedere
o meno il credito al soggetto che richiede. In questo contesto,
pertanto, la moneta tende ad essere facilmente disponibile per chi è
già ricco - le garanzie che i ricchi possono offrire riducono il
rischio di perdite per chi concede il credito – e scarsa per chi è
povero.
Troppa
o troppo poco. La moneta
In
Europa la BCE, per statuto, non può finanziare il debito statale.
Dunque gli stati devono ricorrere al credito delle banche o ai
risparmi dei cittadini, come se fossero dei soggetti privati.
Eppure, come si è visto in questi anni, quando il sistema
finanziario è gestito in modo fallimentare e deve essere salvato, lo
Stato interviene per evitare il disastro: noi come collettività
dunque garantiamo per la moneta emessa dal sistema creditizio, con i
pesanti costi che ne conseguono, poi però dipendiamo dalle
condizioni imposte dalla finanza quando dobbiamo chiedere quella
stessa moneta in prestito.
Il
fatto poi che la moneta venga immessa dall’esterno (dal sistema
bancario nel suo complesso) nell’economia reale, e che la moneta
stessa possa essere offerta e sottratta dall’economia reale, è uno
dei motivi della crisi che le economie occidentali stanno
attraversando. Difficilmente, infatti, essa riesce ad essere offerta
nella quantità giusta per assicurare una crescita economica
equilibrata. Spesso è troppa, oggi sembra troppo poca e le Banche
centrali cercano di aumentarla. I risultati però sono scarsi, sia
perché le banche nei periodi di crisi evitano di rischiare offrendo
credito, sia perché le imprese hanno poca voglia di prendere a
prestito, prevedendo un futuro difficile per i propri prodotti.
Il
principio della compensazione
In
questi anni di crisi si stanno sviluppando sistemi monetari
alternativi basati sul principio della compensazione. Il più noto è
il circuito svizzero Vir, costituito nel 1934 per far fronte alla
carenza di liquidità generata dalla crisi del 1929. In Italia
notevoli sviluppi ha avuto di recente il Sardex, nato in Sardegna,
che conta ormai quasi 4000 aderenti; esperienze simili si stanno
sviluppando anche in altre regioni italiane. Sul principio della
compensazione si basava anche l’Unione Europea dei Pagamenti, nata
in Europa nel 1950 per finanziare la ricostruzione del dopoguerra e
sciolta nel 1958. Le monete a compensazione funzionano in modo
completamente diverso: la moneta non è immessa nel circuito a
discrezione di un’istituzione esterna, come può essere una Banca
centrale o un istituto di credito, a cui segue in un secondo momento
lo scambio o la produzione di merci. Chi è ammesso al circuito
acquisisce il diritto di comprare a debito da altri aderenti, i quali
a loro volta possono usare quel credito per comprare prodotti da
altri soggetti facenti parte del circuito stesso. In questo modo la
moneta nasce contestualmente all’atto di scambio, con alcuni
importanti vantaggi. Anzitutto alcuni studi effettuati sul Vir hanno
mostrato che questi circuiti monetari funzionano in senso
anticiclico: in sostanza sono in grado di contrastare la carenza di
liquidità dell’economia. Questo perché, mentre le banche, nella
crisi, riducono il credito concesso (è il cosiddetto “credit
crunch” di cui tanto si discute), dunque tendono ad aggravare la
recessione, qui la moneta si genera contestualmente alla circolazione
delle merci e in stretto rapporto con l’economia reale. Se serve
della moneta, chi aderisce al circuito l’ottiene immediatamente nel
momento in cui qualcuno acquista i suoi beni o servizi.
Una
moneta non capitalistica
In
secondo luogo questo tipo di moneta può essere accumulata solo entro
certi limiti, e non frutta interessi. È un vantaggio non da poco, in
quanto questo evita che si sottragga del danaro all’economia reale.
L’atto di accumulazione della moneta, infatti, corrisponde ad una
mancata spesa, dunque è l’altra faccia della mancanza di lavoro.
Per questo le crisi economiche sono strettamente connesse agli
andamenti finanziari. La moneta a compensazione, inoltre, proprio per
il fatto di non poter essere accumulata è una moneta non
capitalistica. Essa, infatti, tende a rimane all’interno del
circuito, come credito utilizzabile solo per l’acquisto di merci
all’interno del circuito stesso, e non ha valore se non in quel
contesto. Non vi sono pertanto interessi sui prestiti, né titoli o
titoli derivati, né sono possibili quelle astruse “ingegnerie
finanziarie” che contraddistinguono le modalità tradizionali di
gestione della moneta.
In
realtà, rispetto alla gigantesca quantità di moneta che circola
nei nostri sistemi economici, i sistemi a compensazione sono gocce
nell’oceano: i 50 milioni di euro del Sardex dell’anno scorso,
rispetto ai 33 miliardi del Pil della regione Sardegna, non sono
molto. Eppure l’esperienza non è da sottovalutare: non solo perché
il Sardex ha tassi di crescita che indicano potenzialità ancora
inespresse, o perché l’esempio del Sardex e del Vir si
costituiscono ormai come modelli da imitare.
Un
impiego su larga scala?
Il
principio delle monete a compensazione, infatti, ha anche la
possibilità di essere impiegato su scala assai più vasta. Alcuni
studi suggeriscono che esso potrebbe essere utilizzato, riprendendo
appunto l’esperienza dell’Unione Europea dei Pagamenti, per il
commercio tra i paesi dell’euro. Attualmente, ad esempio, la
Germania ha accumulato un enorme surplus commerciale nei confronti
dei paesi del Sud Europa. Questo surplus è l’altra faccia della
crisi che investe questi ultimi. Il sistema a compensazione potrebbe
essere associato ad un interesse negativo, cioè ad un costo, per i
paesi che accumulano un surplus, inducendoli a spendere e a sostenere
la crescita di quelli in deficit. A Bretton Woods, nel 1944, quando
gli alleati posero le basi per la ricostruzione del sistema
finanziario internazionale, Keynes propose una “Clearing Union”,
cioè un sistema basato appunto sulla compensazione. Gli interessi
contrari erano troppo forti ed egli fu sconfitto. Purtroppo
ripensamenti su questioni di questa natura avvengono a seguito di
catastrofi che nessuno si può augurare. Eppure la proposta di Keynes
sarebbe da riprendere: i problemi che nascono da una moneta mal
costruita, come l’Euro, hanno gravi effetti sulle prestazioni dei
sistemi economici, sui rapporti tra gli stati e sul benessere dei
popoli.