martedì 15 ottobre 2019

Left n. 40, 4 ottobre 2019

Neoliberismo e barbarie, uno sfregio alla memoria

Dire che fu il patto Molotov-Ribbentrop a spianare la strada alla guerra è una lettura arbitraria dei fatti per fini di bassa politica. Del resto, il progetto di omologazione delle società occidentali al modello neoliberista, oltre a quella dell’economia, deve dare una visione semplificata della storia

di Andrea Ventura

Nel 2013 J. P. Morgan, una delle più grandi banche d’affari del mondo, affermava che le costituzioni di alcuni paesi europei sarebbero fortemente influenzate da idee socialiste e dunque, proteggendo i diritti sociali, sono di ostacolo alle politiche di austerità. In effetti è difficile conciliare con queste politiche l’articolo 3 della nostra Costituzione - secondo il quale è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione del paese - o l’articolo 36, che afferma il diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione “sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Oltre ad esprimere il ripudio della guerra, del razzismo, e a difendere le libertà di parola e di pensiero, la Costituzione vieta anche la ricostruzione del disciolto partito fascista. Firmano il testo il presidente della Repubblica Enrico De Nicola, il capo del governo Alcide De Gasperi e Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente e dirigente del Partito Comunista. Affinché il progetto neoliberista possa affermarsi, quell’insieme di elementi scaturiti dalla sconfitta del nazifascismo, che lega diritti sociali, diritti politici e partecipazione democratica, deve essere sradicato.
La risoluzione approvata dal parlamento europeo, che equipara comunismo e nazifascismo, persegue gli stessi obiettivi del documento di J. P. Morgan. Il progetto neoliberista, infatti opera una radicale semplificazione del funzionamento dell’economia e delle politiche economiche. L’individuo è considerato non come cittadino, ma come consumatore: di qui l’offensiva contro quei diritti sociali che nella Costituzione italiana (come in quelle di altri paesi europei) hanno ancora un importante punto di resistenza; di qui anche il legame tra questo progetto e la risoluzione del parlamento europeo che, con un’analoga semplificazione, legge i crimini della seconda guerra mondiale come generati da un mostruoso e non meglio identificato “totalitarismo”, nato per motivi misteriosi nel cuore della nostra civiltà. Affermando, come fa la risoluzione, che il patto Molotov - Ribbentrop “ha spianato la strada allo scoppio della seconda guerra mondiale”, e invitando gli stati membri a celebrare la ricorrenza di quel patto (il 23 agosto) come “Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari”, si cancella quanto avvenuto prima e quanto avvenuto dopo. Prima, solo per ricordare gli episodi più rilevanti, ci furono l’aggressione dell’Italia fascista all’Etiopia (dove per la prima volta furono usate in modo massiccio armi chimiche contro una popolazione civile), la guerra di Spagna (con le democrazie europee che lasciarono massacrare il legittimo governo spagnolo dai nazionalisti sostenuti da Hitler e Mussolini), l’annessione dell’Austria alla Germania nazista e gli accordi di Monaco. Questi ultimi avvallarono le pretese di Hitler sui territori cecoslovacchi dei Sudeti, che furono subito invasi, mostrando la scarsa determinazione di Francia e Inghilterra a contrastare il nazismo. Dopo il patto e la spartizione della Polonia, Hitler invase la Francia, bombardò Londra, e si scatenò uno scontro titanico tra l’Unione Sovietica, che combatteva per la sopravvivenza del proprio popolo (i propositi di Hitler, che a Est cercava lo spazio vitale per la nazione germanica, erano di schiavizzare e forse sterminare l’intera razza slava) e il nazismo. Hitler, infatti, in Europa non aveva più rivali, ma i sovietici resistettero a Mosca, a Leningrado, e sconfissero i nazisti a Stalingrado. Solo dopo ci fu lo sbarco degli Alleati in Sicilia, in Normandia, e la liberazione dell’Europa. L’Unione Sovietica ha pagato un tributo di sangue spaventoso, che secondo alcune stime raggiunge i 25 milioni di morti.
Ogni popolo ha diritto a celebrare la memoria delle proprie vittime, e lo stalinismo si è indubbiamente macchiato di crimini orrendi. A Katyń, nella Polonia invasa, Stalin fece assassinare 22.000 soldati e ufficiali presi prigionieri, il fior fiore della nazione. Crimini, sofferenze e violazioni dei diritti elementari furono patiti dalle popolazioni dei paesi invasi dai sovietici, come anche dagli oppositori del regime, compresi gli stessi dissidenti comunisti. L’invasione di Budapest, la fucilazione di Imre Nagy, i carri armati a Praga e tante altre vicende terribili non possono essere dimenticati. Il punto però è che quella risoluzione, affermando che fu il patto Molotov - Ribbentrop a spianare la strada per lo scoppio della guerra, fornisce una lettura arbitraria degli eventi per fini di bassa politica e di attualità. Il progetto di omologazione delle società occidentali al modello neoliberista, infatti, oltre a proporre una visione semplificata dell’economia, deve anche semplificare la storia: i buoni da una parte, che sarebbero le democrazie liberali dell’Occidente; i cattivi dall’altra, identificati genericamente come “regimi totalitari”. Ma i movimenti comunisti furono fenomeni troppo complessi per essere riconducibili alla categoria del totalitarismo, e tantomeno quella tradizione può essere accostata ad un sistema di sterminio come fu quello nazista. Possono, ad esempio, considerarsi “totalitari” il processo di decolonizzazione, la vittoria del Vietnam sugli Stati Uniti e l’Eurocomunismo di Berlinguer? Oppure furono più totalitari il colonialismo dell’Occidente, il regime di Pinochet, la dittatura Argentina, il piano Condor della Cia per l’America latina (il quale peraltro porta lo stesso nome della legione aerea nazifascista Condor che bombardò la citta spagnola di Guernica nel 1937) e lo sterminio del ‘65 di oltre un milione di comunisti in Indonesia, avvenuto col sostegno a Suharto di Gran Bretagna e Stati Uniti? Lo studio della storia richiede analisi complesse, e non è certo compito del parlamento europeo stabilire verità funzionali a questo o a quel progetto politico.
È curioso peraltro osservare che la riscrittura del passato per giustificare i rapporti di forza del presente caratterizzi i sistemi totalitari e in particolare lo stalinismo. A seguito dei processi degli anni trenta, e per tutto il periodo staliniano, famosi dirigenti rivoluzionari condannati come “nemici del popolo” erano anche cancellati dalle fotografie. I libri sulla storia della rivoluzione venivano continuamente aggiornati alle verità ufficiali, inventando nuovi eroi e eliminando figure cadute in disgrazie. La risoluzione del parlamento Europeo, che tra l’altro invita gli stati membri a inserire “la storia e l’analisi delle conseguenze dei regimi totalitari nei programmi didattici e nei libri di testo di tutte le scuole dell’Unione”, e stigmatizza la permanenza negli spazi pubblici di luoghi commemorativi dei regimi totalitari, sembra porsi sullo stesso terreno. Ma seguire questa strada scivolosa rischia di produrre scomodi paradossi. Cancelliamo i nomi di piazze e strade che si rifanno all’Unione Sovietica e a Stalingrado, ma proseguiamo poi con Gramsci, Togliatti, Rosa Luxemburg e Ho Chi Minh? Dimentichiamo Picasso, iscritto al Partito Comunista, che dipinse anche un ritratto per Stalin? E che facciamo con l’edificio che ospita la sede del parlamento europeo e che porta il nome di Altiero Spinelli, eletto in quel parlamento come indipendente nelle liste del Partito comunista? Rimangono infine un miliardo e 300 milioni di cinesi con cui l’Occidente dovrà confrontarsi. Sono anch’essi governati da un regime analogo a quello nazista?